Interview with Carolina Melis – Mio Karo

Carolina Melis is a Sardinian-born designer, art director and founder of Mio Karo, a brand of fine textiles based in Sardinia and inspired by traditional motifs. The Mio Karo collections are all hand made in Sardinia and currently include rugs, cushions, wallhangings and baskets.
www.miokaro.com

SEI/SEI

What is the starting point of your designs for Mio Karo: the traditional element or a new idea coming from another language system?

I start with a traditional element that I simplify and re-elaborate in a personal way. My approach consists of reproducing the idea of Sardinia using new symbols but without re-using traditional motifs. In fact my design are characterised by pronounced geometries, contrasts, bold colours and asymmetric geometries. Some of my works don’t have anything that is Sardinian, yet they are recognised as such. I don’t want my works to look obvious but what I am interested in are those elements that make you think: ‘this is Sardinian!’

How much of your identity is in them? 

My identity is definitely embedded in what I do. I am originally from Sardinia and I lived and worked in London for many years. Also Scandinavian design has had a big influence on me; I am half Danish by the way.


Where is the meeting point for tradition and innovation in your design? And what is the relationship between crafts and design?

My approach is to start from a traditional element that I consider contemporary already. For example, I often use the colours black and white, which are characteristic of traditional carpets in the village of Ulassai and are also well-established elements in contemporary design.

The relationship between crafts and design is very close, both are about everyday objects and that is what distinguishes them from art.

KARA

In this economy Sardinian crafts have always experienced the tension between being handmade and unique, therefore expensive and hardly replicable, and being in economic struggle. What is your vision in this regard? 

With Mio Karo the idea is to create pieces that can be found in shops and therefore be easily placed on the market. For this reason I have chosen to work with collections rather than unique pieces, and to focus on products that can meet people’s taste and be easily commercialised.

Working with handmade products requires a careful balancing of the demand and the actual supply capacity. However, what prevents the craft sector from taking off is the absence of a shared long-term vision. The sector also often lacks of professional skills such as marketing, communication, customer care etc., which are necessary to support the work of the artisans and therefore facilitate the commercialisation of the products.

What is the narrative around contemporary Sardinian crafts?

I believe that the narrative around Sardinian crafts needs to be detached from a general image of Sardinia like for example that of folklore or beautiful beaches, but can rather be built on the already long and distinctive tradition of high quality products and be associated with other sectors such as design.

AUTUNNO from the collection FOUR SEASONS

How is your relationship with the artisans you work with?

I work with small Sardinian cooperatives which are very different from each other. During the production stage it is very important to communicate with the artisans directly and establish a trustfully relationship with them. I spend days in the laboratories working next to them so that it is easier to understand each other’s languages.

How do cultural and economic values dialogue with each other in a project like Mio Karo?

With my work I am very careful to not alter what belong to the tradition either from the technical or design side. However, I want to take a step forward from the past. The artisans are very enthusiast to work with new ideas but it is essential to be aligned with them on the objectives since the beginning. Each cooperative has its own distinctive motif, for example in the village of Mogoro the carpets are characterised by floral elements and for being very colourful, in Ulassai by the colours black and white, in Nule by triangular motifs (‘Le fiamme di Nule’), that I reinterpret in my design. This makes the collaboration quite special and unique. The artisans feel responsible for each single piece of the production; they are the keepers of the tradition and the ones who know how to make the work.

What are your plans for the future?

I have been collaborating with an interior designer in London and in September Mio Karo is going to be part of an exhibition at The Hospital Club during the London Design Festival 2015 (19-27 September 2015). At the moment I have also started other collaborations with some small companies outside Sardinia; I would like to make other kind of carpets. Finally, I have been invited to a conference in Mexico, where I am going to talk about Sardinian carpets.

La Nuova Sardegna

L’ordito e le trame di Carolina.

La Sardegna nuova frontiera

Progettare per l’artigianato dopo prestigiosi lavori e importanti riconoscimenti. «Hand made, lusso da cifre strepitose. Il segreto: comunicare in modo moderno»

Proprio in questi giorni è stata invitata dal Craft Council a presentare un suo tappeto per la Design Week di Londra a settembre, un traguardo importante per cui realizzerà un pezzo a tiratura limitata che il Craft Council britanico ha deciso di acquistare per la sua collezione e per una mostra itinerante internazionale che si estenderà sino al 2015. Il suo corto " Le fiamme di Nule" – un poetico racconto sul lavoro della tessitura – ha ricevuto diffusi e importanti consensi.

Le trame internazionali della creatività di Carolina Melis si sono intrecciate sempre con l'ordito della tradizione più bella e profonda della Sardegna. Nei suoi lavori traspare il senso della parola "glocal", la capacità di cogliere l’universale anche nel patrimonio locale. Il lavoro di Carolina è molto lontano dal folclore, non rinfresca stilemi arcaici, ma piuttosto ne coglie il ritmo misterioso che ha preservato i segni attraverso il tempo e le mode.

Dopo la formazione internazionale e importanti committenze come ha ritrovato l'artigianato sardo?

«Il film è nato per caso. Durante una gita in Sardegna sono capitata a Nule, quel mondo della tessitura mi ha affascinato talmente tanto che sono tornata a Londra con un tappeto. Nei mesi seguenti penso di aver consumato quel tappeto con lo sguardo, mi incantavano le geometrie e i colori e ne sentivo il peso della storia e della tradizione. Lo stesso anno ho proposto un' idea per un cortometraggio all'Isre e da li è nato il film "Le fiamme di Nule". Volevo che raccontasse quello che vedevo io in quel tappeto, le emozioni di quella giornata e il mio ricordo della Sardegna. Così lontana e sempre così vicina. Prima ancora di pensare alla storia ho cercato l'atmosfera, provavo ad accostare musiche diverse per trovare quella che unisse meglio a alla trama del tappeto. Inevitabilmente i colori accesi della lana mi portavano a scegliere musiche vivaci e da un ritto incalzante, ma non mi convinceva».

Il processo creativo è stato complicato?

«Arriva il momento in cui tutto fa click. Una sera ho spento la luce e sono andata in un cucina. Ho visto il tappeto a distanza al buio, a malapena si intuivano i colori. In contemporanea alla radio suonavano una musica con un ritmo trascinato e ripetitivo quasi come un mantra, un' onda. Il film doveva essere così: in bianco e nero, con un senso di distanza, lontananza e una musica quasi sussurrata. La storia è arrivata dopo. Ho realizzato il film a Londra nello studio di animazione dove realizzavo abitualmente le pubblicità, è uscito un film che raccoglie i miei percorsi creativi e artistici; c'e' danza, animazione, scenografia, illustrazione e poesia. Quando l'Isre mi ha invitato a realizzare dei tappeti per la mostra Etnu a Nuoro del 2010, è stato come se si chiudesse un cerchio. Dopo Nuoro i tappeti sono stati presentati a Londra all'Istituto Italiano di Cultura. E adesso l’importante invito del Craft Council inglese».

Come realizza i tappeti?

«I primi tappeti li ho realizzati a Nule. In seguito ho cominciato a collaborare con la cooperativa Su Marmuri di Ulassai, poi con Su Trobasciu a Mogoro. Per ogni paese realizzo un disegno diverso, qualcosa che richiama la tradizione del luogo e si sposi con la tecnica. Nule è il paese delle forti geometrie, del fiammato e dei colori. Ad Ulassai sulle orme di Maria Lai ho realizzato una serie in bianco e nero che richiama la Sardegna in chiave moderna: Le Quattro Stagioni. Per Mogoro ho fatto due motivi per arazzo Mattina e Sera: un disegno più decorativo e romantico ora in mostra alla fiera del tappeto di Mogoro».

Quanto la creatività e il design possono rappresentare un'occasione per la Sardegna?

«Mi preme dire che questo non è solo un progetto artistico, l'obiettivo principale è commerciale. L'artigianato non deve essere visto solo come tradizione etnica ma capire che al momento hand made è sinonimo di lusso. La manifattura made in Italy sta facendo numeri strepitosi in paesi come la Cina, l'Arabia Saudita e i paesi dell'ex Unione Sovietica. Penso che l'unico modo per conservare le attività artigianali sia conoscere e rispondere ai mercati e fare un discorso economico attraente sia per chi sceglie questo come mestiere sia per chi investe. É questo quello che porto di nuovo nel contesto della tradizione, non solo un restyling della pavoncella. Tradizione e contemporaneità oggi non vuol dire rivoluzionare il disegno ma rendere contemporaneo il modo in cui il disegno si presenta al pubblico. Presentare il prodotto con le parole giuste. La comunicazione e la pubblicità sono stati il mio mestiere per anni a Londra e mi sento di poter portare questa esperienza come contributo all'artigianato in Sardegna».

Di cosa si sta occupando adesso?

«Ho aperto uno show-room a Porto Cervo presso la Promenade du Port. Si chiama Mio Karo. Qui si possono trovare esposti i tappeti, gli arazzi e altre opere originali all'interno di un allestimento evocativo che riflette la filosofia del progetto. I tappeti sono accompagnati dalle foto di Stefania Paparelli che ha creato delle immagini bellissime in un contesto marino. Un paradosso sì, ma anche un modo per esaltare la preziosità' del tappeto. E' un occasione per sentire direttamente il confronto e i commenti dei possibili acquirenti, e poi a Settembre ci sarà un lancio. Prima a Londra e poi si vedrà...».

L'esperienza di una design europea in Cina?

«Sono andata a Pechino per curare la art direction e la regia di una campagna pubblicitaria per Volkswagen. L'agenzia e' la Saatchi China e la casa di produzione Pixomondo, un colosso nel mondo degli effetti speciali con un paio di Oscars alle spalle. Qui lavoravo al concept con l'agenzia e in studio coordinavo un team di animatori e designers di tutte le nazionalità. La comunicazione era forse la cosa più difficile, una piccola sfumatura nella traduzione faceva una grande differenza nella lavoro. La campagna è Think Blue ovvero un invito a pensare all'ambiente e a ridurre l'inquinamento. Mi sono trovata un po' persa: per la prima volta mi rendevo conto di non conoscere il pubblico a cui mi rivolgevo. Ho capito che per i cinesi la macchina è sicuramente uno status, nella mia zona si vedevano tanti giovani con macchine di lusso. Ma chi sono i cinesi che si possono permettere una macchina e che pensano anche all'ambiente? Non lo so, ma la VW fa numeri strepitosi in Cina e lascio che mi spieghino loro. Hanno una intuizione per il mercato delle auto che è veramente impressionante così come lo è la loro sede un mega edificio nella zona delle ambasciate. Per scherzo al primo meeting ho chiesto se quella era l'ambasciata tedesca, nessuno ha riso.

Mi ha colpito la grande passione architettonica per gli schermi, sono in ogni angolo e alcuni di dimensioni assurde, quello più impressionante forse al The Place, grande quanto una piazza sospeso in orizzontale.

Il progetto stava procedendo fin troppo bene sino a quando ci siamo ritrovati davanti a l'inaspettato. La questione tra Cina e Giappone per isole Diaoyu è scattata nel mezzo del lavoro e il caso ha voluto che l'illustratore principale del nostro team fosse giapponese e che lo stile avesse delle caratteristiche stilistiche che alludevano al Giappone. Abbiamo dovuto cambiare un sacco di elementi per evitare qualsiasi ambiguità.

Ero già stata in Cina esattamente 10 anni prima, mi aveva impressionato la grandezza della piazza, la perfetta simmetria e di come fosse visibile il ritratto di Mao dalla parte estrema della piazza. Con dispiacere nel bel mezzo della piazza dieci anni dopo ho trovato due schermi enormi e con ancora più dispiacere negli schermi uno spot per una macchina. Mi chiedo se finirà così. Che l'immagine di Mao si ritroverà a guardare la mia pubblicità.. le proteste del '89 sembrano molto lontane.

Paolo Curreli